
Per la nuova intervista della mia serie dedicata ai professionisti dell’interpretazione oggi chiacchiero con Claudia B. Unali, una traduttrice e interprete di cinese e inglese che lavora specialmente nel settore medico.
Sono sempre molto ammirata da chi ha studiato lingue orientali ed ero curiosa di conoscere meglio le diverse sfaccettature del suo lavoro nell’ambito clinico; ho trovato le sue risposte affascinanti e sono certa che lo stesso sarà per te.
Ciao Claudia, raccontaci un po’ chi sei e cosa fai.
Ciao Giulia, grazie per il tuo invito.
Sono traduttrice da inglese e cinese principalmente in ambito tecnico, medico-scientifico e farmaceutico, interprete di trattativa in ambito clinico e insegno cinese con corsi online a privati e aziende.
Adoro la formalità e il sarcasmo tipici delle sale da tè britanniche, la ritualità e la saggezza di quelle cinesi. Da questa sintesi nasce il nome che racchiude le mie attività: TeaCup Translations!
Scrivo una rubrica sullo studio del cinese su una rivista mensile bilingue di attualità e cultura. Ho studiato in giro per il mondo, principalmente in Cina e la mia storia professionale si riassume con: gli imprevisti della vita aprono strade nascoste che ci piaceranno più di quelle che sognavamo!
Cosa ti ha portato a studiare e poi insegnare una lingua così difficile e lontana come il cinese?
La curiosità, unita a un’indole indagatrice e perfezionista mi ha sempre indirizzato verso lo studio delle lingue straniere.
Sono bilingue di nascita: l’italiano e il sardo, dunque il latino, mi hanno sicuramente aiutato ad aprire gli orizzonti dell’apprendimento.
Dall’inglese al finlandese, passando per il giapponese e il cinese ho sempre vissuto lo studio delle lingue come un’avventura in stile Indiana Jones.
Cosa significavano quegli strani simboli, e perché alcune lingue sembrano impronunciabili? Dovevo trovare una risposta.
Ora sto studiando il gaelico scozzese, lingua di una terra che amo e a cui sono molto legata.
Non ho mai dimenticato cosa significa essere studente, magari fuori sede, con le difficoltà burocratiche, didattiche, psicologiche da affrontare. Trasmettere le mie conoscenze e suggerire consigli e dritte ai miei studenti è stato un processo naturale di condivisione e aiuto reciproco.
Scrivo spesso sul mio blog motivazionale in che modo gli studenti che seguo – di tutte le età – mi insegnino molto a loro volta.
In questi mesi, ti è capitato di dover smascherare le storie infondate e inventate che circolavano (e circolano tutt’ora) sulla Cina?
Mi capita da sempre. Dalle questioni più banali come leggere tatuaggi sbagliati sulla pelle dei tipi da spiaggia, alle più classiche bufale da disinformazione che circolano sulla Cina.
Questo grande Paese ha una storia controversa e caratterizzata da una radicata cultura dittatoriale, è geograficamente e demograficamente troppo vasto per aspettarsi che questo retaggio storico venga diluito in pochi anni con seppur grandiose manovre di apertura e cooperazione con l’estero. Dobbiamo attendere e osservare, studiare la storia politica e culturale di un popolo che sicuramente possiede carattere, spirito di rinnovamento e punta sulle generazioni giovani.
Tra le tue tante attività c’è quella di interprete cinese<>italiano nel settore clinico. Puoi raccontarci come funziona?
Affianco il medico durante i consulti, o le visite stesse.
I pazienti cinesi, anche se parlano italiano, raramente conoscono termini tecnici o scientifici che hanno dunque bisogno di essere tradotti e spiegati. Le procedure mediche come l’amniocentesi o l’eco-color doppler arterioso richiedono maggiori delucidazioni, che il paziente necessita di sentire nella propria lingua per comprendere al meglio.
La fase di triage è molto importante d’altro canto anche per il medico: conoscere l’anamnesi di un paziente che proviene in età adulta da un altro Paese portandosi dietro patologie pregresse e relative cure è fondamentale per garantire una buona continuità nel trattamento della malattia.
Così la mia figura è al centro tra medico e paziente, e al di là della trattativa posso affermare con estrema certezza che una grande percentuale è influenzata dal fattore culturale: per questo motivo occorre avere una conoscenza della medicina tradizionale e delle usanze in ambito medico cinese per garantire la perfetta comprensione tra le parti.
Claudia B. Unali
Quali sono le differenze tra il sistema sanitario cinese e quello italiano, e ci sono differenze che non ci immagineremmo?
In Cina esiste la Medicina Tradizionale Cinese (MTC) che affianca quella di stampo occidentale.
Molti ospedali prevedono entrambe le alternative per trattare al meglio tutte le patologie. Ho potuto notare che anche negli ultimi anni c’è in generale poca informazione sulla prevenzione e sui controlli periodici in determinate patologie.
Questo è dovuto al fatto che spesso i pazienti cinesi che si trasferiscono in Italia superati i 40 anni di età, in media hanno un basso livello di scolarizzazione e non sono informati sulle procedure mediche basilari anche in assenza di disturbi o sintomi evidenti.
La MTC ruota intorno al concetto di prevenzione attraverso attività fisiche, alimentari e meditative per riequilibrare eventuali dislivelli interni. Da questo punto di vista dunque, sono esclusi esami invasivi – come anche un prelievo del sangue, in assenza di evidenti fastidi fisici.
Nessuna pudicizia o altre “stranezze” legate a fattori culturali, ma solo soggettive come succede anche a pazienti di altre nazionalità.
Da inizio 2020, hai notato un cambiamento dell’atteggiamento delle persone (personale medico, altri pazienti) nei confronti dei pazienti cinesi?
All’inizio della diffusione del Covid-19 si parlava di “virus cinese” e naturalmente ho assistito a episodi di razzismo nelle sale d’aspetto dove i pazienti italiani accusavano e additavano quelli cinesi.
Situazioni davvero spiacevoli ne abbiamo viste tante, e ho seguito l’evoluzione del fenomeno accusatorio, che ad oggi è diventato generalizzato. Ci si guarda in cagnesco perfino per strada, ormai non è più una questione razziale in reparto o nelle sale d’aspetto ambulatoriali: chiunque può contagiare o essere contagiato.
Viviamo un momento storico unico, in cui bisogna lasciare spazio all’umanità, perchè siamo tutti in egual modo, esseri umani.
Il personale medico ha sempre fatto un grande lavoro in virtù della propria deontologia professionale, come Ippocrate insegna.
Ti capita mai di farti coinvolgere troppo dalle storie che senti negli ospedali e da sentirti un po’ sopraffatta dal carico emotivo?
Mi è capitato in passato, e mi ha portato infine a rinunciare all’incarico.
Mi trovavo a lavorare in un ospedale pediatrico e il mio ruolo era quello di comunicare (spesso brutte notizie) con i genitori di piccoli pazienti ricoverati. I bambini, nati e cresciuti in Italia avrebbero capito ma data la giovane età erano i genitori a dover essere informati sulle loro condizioni.
Il genitore, dal canto suo, vedeva in me più che nel medico l’unico appiglio per sapere i dettagli sulla salute dei figli e si attaccava alla mia figura insistentemente, chiedendomi il numero di telefono personale o aspettandomi fuori dalla struttura a fine turno.
Ho sempre pensato che anche io forse mi sarei comportata così al posto loro, e non sono mai una volta stata infastidita da questi atteggiamenti, ma quando tornavo a casa sentivo il macigno sulle spalle e il groppo in gola.
La mia vita privata ne risentiva e alla fine ho deciso con grande sofferenza di abbandonare e dedicarmi solo all’attività di interprete di cinese per pazienti adulti, le cui storie sono anche spesso dolorose, ma ho riscontrato di gestire meglio le mie emozioni se posso interfacciarmi direttamente con un paziente a quattrocchi.
Secondo te, cosa fa di un interprete “un bravo interprete”?
Come dico sempre anche ai miei studenti, non esiste un solo modo per tradurre un concetto. Si può essere precisi o liberi, ma ciò che conta veramente è che emerga dalla traduzione l’umanità del concetto.
Torno al discorso del fattore culturale: se non c’è una profonda conoscenza del popolo, della storia, della cultura anche di vita quotidiana di una nazione, allora sarà difficile riportare il senso di ciò che si traduce. Così facendo saremmo solo dei traduttori automatici, affetti da quella che mi diverto a chiamare “Sindrome di Google Translate” (scusa, deformazione professionale!)
Quindi ciò che ti rende un bravo interprete è la combinazione tra un bravo linguista, un bravo antropologo, un bravo filantropo.
Ringrazio di cuore Claudia per questo viaggio nella sua attività professionale, per me ricco di spunti di riflessione, e per averci svelato i retroscena del lavoro di interprete di cinese nel settore clinico!
Se vuoi essere sempre aggiornato su quello che succede nel mondo dell’interpretazione, iscriviti alla mia newsletter!
Chi è Claudia
Claudia B. Unali è nata in Sardegna e al momento vive a Roma. Ha viaggiato per conoscere popoli e culture differenti, spinta dalla curiosità e dalla passione per le lingue straniere: anche all’estero ha potuto studiare e perfezionarsi, e non smette mai di aggiornarsi.
Dopo aver maturato esperienza come interprete in ambito medico in Italia e in Cina, ha continuato a specializzarsi in traduzione tecnica, commerciale e scientifico-farmaceutica.
Da più di dieci anni è insegnante di cinese e inglese per privati e aziende, a cui dedica i seminari di international business etiquette. Segue studenti in tutta Italia e all’estero con corsi online e ‘workshop carriera’ per l’inserimento nel mondo del lavoro durante gli studi universitari.
Ha scritto un manuale di grammatica cinese per “studenti stressati” che si intitola ‘Cinese per Pessimisti’ e sarà edito da Orientalia, presto sugli scaffali di tutte le librerie. Scrive un blog motivazionale per gli studenti di lingue straniere.
Cura la rubrica STUDIARE IL CINESE – 学习汉语, sull’apprendimento della lingua cinese sulla rivista mensile bilingue di cultura e attualità cinese ‘Cina in Italia’.