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Words of Nona

L’interprete in televisione: intervista ad Antonio Bacile di SkyTG24

Marzo 3, 2020 by Giulia

L’interprete in televisione è quella figura che non si vede praticamente mai (ad eccezione della mitica Olga Fernando!), ma che ci consente di capire cosa dicono ospiti stranieri, leader politici internazionali e anche semplici intervistati per strada.

Ma com’è lavorare come interprete in televisione, soprattutto in un contesto poliedrico e dai ritmi serrati come quello della redazione di un telegiornale?
L’ho chiesto ad Antonio Bacile, un collega e amico straordinario che lavora per SkyTg24 e che ha deciso di svelarci trucchi e segreti della vita da interprete sempre in onda.
Questa intervista è la prima di una serie di conversazioni che troveranno spazio sul blog nei prossimi mesi e che hanno l’obiettivo di conoscere le diverse sfumature e angolazioni del mondo dell’interpretazione.

Antonio Bacile Interprete televisivo
Antonio Bacile

Ciao Antonio, raccontaci un po’ chi sei e cosa fai.
Sono un interprete e traduttore e in passato ho lavorato anche nella produzione audiovisiva.
Oggi lavoro a Sky TG24 coniugando i miei due percorsi: faccio l’interprete e il news producer.

Hai un percorso di formazione molto poliedrico e insolito per un interprete. Come si è svolto?
Ho cominciato a lavorare come traduttore quando avevo 17 anni. Traducevo dall’inglese i copioni di alcune serie Mediaset che poi venivano adattati per il doppiaggio.
Devo ringraziare per questo un grande adattatore, Riccardo Pozzo, che ha scommesso su di me, insegnandomi con molta pazienza le basi del mestiere e cambiandomi la vita.
Ho sempre continuato a lavorare nella traduzione per il doppiaggio, la mia passione principale, ma nel tempo mi sono cimentato anche nella radio, nella produzione e creazione audiovisiva, nei progetti indipendenti. Mi incuriosiva il fatto di affrontare nuove avventure.

Come si svolge una giornata tipo in redazione?
È difficile rendere l’idea perché ogni giorno è imprevedibile.
Alcune giornate seguono il programma che si era prestabilito, altre vengono stravolte da un minuto all’altro, ad esempio a causa di un’ultim’ora. Poi intendiamoci, ci sono anche le giornate di stasi, ma sono solo delle gradite eccezioni. Insomma, non ci si annoia mai.

A causa degli stravolgimenti dell’ultimo minuto, ti trovi spesso a dover entrare in cabina con poco preavviso, per coprire le lingue e gli argomenti più disparati.
Come fai a essere sempre preparato?
Mi sono messo l’anima in pace: non riuscirò mai ad avere la preparazione ideale perché il tempo a disposizione è minimo.
A volte devi correre in cabina per una dichiarazione decisa all’ultimo momento, altre volte hai al massimo qualche oretta.
Una grande risorsa sono le agenzie stampa: quando ne ho bisogno, ne raccolgo il più possibile e improvviso un glossario al volo.
E poi posso sempre contare sulle altre due colleghe che compongono il team di interpreti di Sky TG24: Sara Macone e Arianna Molinaro.
Sono sempre preparatissime e quando vanno in cabina riescono a mettere da parte tutto il resto per rendere fedelmente ciò che stanno ascoltando. La loro bravura mi aiuta sempre a migliorare.
Un’altra risorsa indispensabile per chi lavora nel giornalismo è il blog di Licia Corbolante, il cui prezioso lavoro rappresenta una bibbia per me.

Sei nella redazione di Sky, ma hai lavorato per tanti anni come libero professionista.
Quali sono le differenze principali che hai riscontrato tra il lavoro di interprete come dipendente e quello da freelance?
Di sicuro quando sei dipendente puoi contare su una maggiore tranquillità. Solo i freelance possono capire la caparbietà che ci vuole per lavorare autonomamente.
In secondo luogo, quando un interprete lavora a una conferenza, tende giustamente a concentrarsi sulla terminologia specifica, perché il pubblico presente avrà dimestichezza con l’argomento.
Lavorando per un canale di informazione in chiaro, un interprete è incentivato a rendere fruibili i contenuti a un pubblico più vasto.

Immagino che il lavoro in redazione sia completamente un altro mondo rispetto a quello a cui sono abituati i freelance; al tuo arrivo, cosa ti ha stupito di più?
I ritmi. Sono veramente frenetici!
Anche nel lavoro autonomo i ritmi sono serrati, ma se non altro è previsto che tu faccia una ricerca approfondita, dei controlli.
Io stesso pensavo che in redazione ci fosse il tempo per ripassare un testo, rivedere una traduzione, fare una ricerca terminologica approfondita. Invece il tempo a disposizione è molto limitato.
In secondo luogo, a volte mi stupisce il confronto tra la teoria e la pratica. Mi è rimasta impressa la questione del whistleblower, un nome che indica il comportamento virtuoso del membro di un’organizzazione che denuncia un misfatto compiuto all’interno dell’organizzazione stessa. Il suo anonimato è un plusvalore che va tutelato. Purtroppo non c’è un corrispettivo italiano per rendere questo concetto.
L’ideale sarebbe lasciare l’originale e spiegarlo, ma se un giornalista deve redigere i fascioni (i titoli che compaiono in sovrimpressione), si trova costretto a privilegiare la brevità e quindi adottare traduzioni infedeli come “spia” o “talpa”.

Raccontaci una cosa che chi ti ascolta da casa non immaginerebbe mai dell’interpretazione televisiva.
Dovrei annotare tutti gli aneddoti che capitano!
Vediamo se riesco a improvvisare una lista:

– Può succedere di dover correre in cabina e quindi fare delle simultanee… con il fiatone! Quando mi è successo, silenziavo il microfono tra una frase e l’altra per riprendere fiato.
– Ci sono migliaia di variabili in gioco. A volte i segnali che riceviamo possono avere un audio compromesso, specie se stai interpretando in relais (cioè traducendo dall’interpretazione di un altro collega), e dato che non dipende da noi, non c’è niente che si possa fare.
– A volte gli ospiti stranieri non sono abituati a sentire in diffusione nello studio una voce italiana che li sovrasta mentre rispondono a una domanda, e questo crea lentezze o imbarazzi.
– Capita di affezionarci ai personaggi pubblici che interpretiamo.
Quando Theresa May era Primo ministro del Regno Unito, mi sono spesso ritrovato a interpretarla: andava veloce come un treno ma alla fine, al di là delle considerazioni politiche, mi è dispiaciuto vederla andar via, specie perché adesso c’è Boris Johnson, il quale non disdegna giochi di parole e barzellette. Devo migliorare il mio repertorio comico per poterlo rendere al meglio!
– Gli ospiti più impegnativi sono quelli che parlano inglese come lingua straniera: avendo una padronanza dell’inglese limitata, ti costringono a fare il doppio della fatica e rischiare fraintendimenti.
Nel suo recente discorso a Torino, Greta Thunberg ha detto, in riferimento ai politici, di volerli put them against the wall. L’espressione risulta troppo aggressiva in inglese, perciò ha generato clamore specie nel mondo conservatore anglofono, ma era un calco dall’espressione svedese, che – per mia fortuna – è uguale all’italiana. Successivamente, Thunberg ha spiegato il suo punto di vista su Twitter.
– Sono stati scritti vari articoli, e sicuramente anche dei saggi, su com’è interpretare in simultanea Donald Trump. Se da un lato la sua pronuncia è facilmente comprensibile, è anche vero che spesso fa riferimenti extradiegetici a persone che sono fuori campo, rendendo più difficile seguire il suo discorso; a volte usa parole volgari, e spesso e volentieri combinazioni lessicali strampalate: penso alla controversa telefonata con il Presidente ucraino Zelensky, che Trump ha difeso a spada tratta, definendola ad nauseam una perfect phone call. Non ho mai sentito parlare di una telefonata perfetta, ma lui intendeva dire che era una conversazione telefonica impeccabile, inattaccabile, che non avrebbe giustificato la sua messa in stato d’accusa.
Oppure pensiamo al recente, disastroso malfunzionamento della app con cui i Democratici dovevano contare e inviare i risultati delle votazioni dei caucuses nello stato dell’Iowa. Per commentare il disguido, Trump ha esclamato: “I think they fried their votes on computer!”, creando un involontario gioco di parole perché l’Iowa è uno stato famoso per la sua cucina ricca di fritture.
Ecco, una curiosità che non ti immagineresti dell’interpretazione televisiva è che a volte devi trattenerti dal ridere!

Antonio Bacile interprete in televisione SkyTG24
Antonio Bacile

Spesso sui social si tende a commentare o criticare interpretazioni televisive di eventi molto mediatici (penso all’elezione di Papa Francesco, o agli interpreti degli Oscar). Come ti poni rispetto a questi commenti, spesso fatti da persone che non conoscono la professione?
Mai ascoltare le critiche delle persone da cui non accetteresti un consiglio.

Infine, secondo te cosa rende un interprete “un bravo interprete”?
Secondo me un bravo interprete deve racchiudere varie caratteristiche:
– Saper camminare su quella linea sottile tra la fedeltà e il tradimento, per restituire le intenzioni originali dell’oratore.
– Tendere sempre al miglioramento, perché lo studio di una lingua straniera ci insegna che dobbiamo sempre mantenere l’umiltà.
– Avere un approccio internazionale, aperto alla sperimentazione, volersi mettere sempre in gioco.

Ringrazio Antonio per aver condiviso la sua storia e tanti interessanti aneddoti sul lavoro dell’interprete in televisione: io sono una sua grandissima ammiratrice e continuerò a spiare SkyTG24 nella speranza di ascoltare la sua splendida voce!

Qualche informazione su Antonio:
Sono nato a Gallipoli, ho vissuto a Roma, Torino, per brevi periodi negli USA, in Spagna e in Portogallo e adesso vivo a Milano. Ho lavorato come traduttore per il doppiaggio e attualmente puoi ascoltare ogni tanto le mie simultanee su Sky TG24.

Quanto costa un interprete?
Organizzare un evento da remoto con un interprete: ecco come fare

© 2022 Words of Nona di Giulia Carletti - Traduttrice, interprete & copywriter per inglese, spagnolo e italiano

Via Clefi 7 - 20146 Milano (MI) | P. Iva 13359511006

Sono socia aggregata AITI, tessera 216059 e applico alla mia professione il codice deontologico dell'associazione

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