
Come tutti gli uffici del mondo al momento, anche l’Europarlamento si sta riunendo online e online stanno lavorando anche gli interpreti della UE.
Qualche giorno fa, un collega ha fatto notizia per non aver spento il microfono mentre esprimeva un giudizio poco carino su un eurodeputato italiano.
Senza entrare nel merito della questione specifica, ci sono un paio di domande da porsi in merito all’errore commesso e all’imparzialità dell’interprete.
Non spegnere (o non accendere) il microfono è un errore?
Se cerchi la risposta breve, sì.
Una delle cose che chi studia per diventare interprete si sente ripetere più spesso è ”occhio al microfono!”, ma penso che, almeno una volta nella vita, ogni interprete si sia dimenticato il microfono acceso, spesso per fretta o per stanchezza.
Nella maggior parte dei casi, quando succede non si sente nulla di eclatante: un colpo di tosse, una caramella scartata, magari una domanda al collega o un commento innocuo, tutte cose evitabili e magari fastidiose ma dall’impatto trascurabile. Molto meno spesso si verificano situazioni più gravi come quella dell’articolo di cui sopra.
Non spegnere (o non accendere) il microfono è un errore e non c’è scusa che tenga.
In qualsiasi caso, scusarsi è d’obbligo: si è commesso un errore, seppure veniale in alcuni casi, e nessuno indossa le cuffie per sentire il nostro starnuto o il commento su quanto siamo stanchi.
Un errore del genere può farci dubitare della professionalità, ma non è indice della qualità e un interprete che dimentica il microfono acceso può essere comunque un ottimo interprete.
Sul mercato privato, il cliente può decidere legittimamente di non chiamarlo più, ma una gaffe non pregiudica la qualità del lavoro svolto.
L’interprete è imparziale?
Anche se l’interprete ha inavvertitamente espresso un giudizio sulla persona che interpreta, non vuol dire che la interpreterà male o distorcerà quello che dice, perché la professione richiede di essere imparziale.
L’interprete è lì per tradurre quello che dicono gli altri e non emette in alcun modo giudizi personali sui contenuti che traduce. Può essere in disaccordo con quello che gli capita di tradurre o trovare poco simpatica la personalità che sta parlando, ma non per questo offrirà un servizio di minor qualità o modificherà il senso dei discorsi.
Chi fa l’interprete è una persona come tutti, con le sue idee e simpatie, ma nel momento in cui inizia a lavorare mette via le sue idee personali e si trasforma in un’entità super partes, un tramite, un messaggero.
Se un interprete sa in anticipo che un argomento va contro ciò in cui crede o non è d’accordo con alcune idee, rifiuta l’incarico, eliminando il problema alla radice.
Quindi voglio rassicurarti: non pensare che assumendo un interprete tu possa vedere distorto il tuo messaggio o quello degli altri.
Per definizione, l’interprete è imparziale e il nostro lavoro consiste proprio in questo: fare un passo indietro, aprire porte e favorire la comunicazione, sempre e nonostante tutto.
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